Abbiamo intervistato Davide Bartesaghi, direttore della rivista Solare B2B: “Le ragioni strutturali battono congiuntura e false credenze”. Scopriamo il perché
Scopriamo perché il fotovoltaico si conferma un investimento valido anche nel 2025, non tanto per gli incentivi (seppur presenti, ma rimodulati al ribasso), quanto per la maturità di una tecnologia ormai consolidata e conveniente sotto diversi aspetti. Ecco perché il nostro 2025 inizia proprio da qui.
Partiamo dal titolo: il fotovoltaico conviene?
Sì, il fotovoltaico conviene, e la fotografia delle vendite è lì a dimostrarlo. Il mercato ha visto una forte crescita del fotovoltaico sia nel 2023 (+87%) che nel 2024 (con una previsione del +34% a fine anno), un dato particolarmente significativo perché non influenzato dall'effetto Superbonus. Questa diffusione, che prescinde dagli incentivi (comunque esistenti per le prime case sotto forma di detrazione fiscale), è dovuta principalmente alla progressiva riduzione dei costi degli impianti, che consente un più rapido rientro dell'investimento iniziale grazie al risparmio in bolletta. Il vantaggio vale sia per i privati che per le imprese, che sempre più spesso scelgono di dotarsi di impianti fotovoltaici per incrementare l'autoconsumo. Per le aziende, in molti casi, l'investimento si ammortizza in 3 o 4 anni, il che significa godere di energia a basso costo per i successivi 20, un fattore cruciale per i bilanci aziendali, soprattutto considerando che in Italia la spesa per l'energia è tra le più alte d'Europa.
Oggi sappiamo che il fotovoltaico è la tecnologia più conveniente per produrre un kWh di energia elettrica. Come possiamo essere certi che lo rimarrà anche in futuro?
Attualmente, il costo del kWh da fotovoltaico è inferiore a quello derivato dal carbone e paragonabile solo all'eolico. Quindici anni fa la situazione era diversa: i componenti, a partire dai pannelli, avevano costi elevati. Grazie ai progressi tecnologici e alle economie di scala, i prezzi sono scesi del 90%.
Il vantaggio vale sia per i privati che per le imprese, che sempre più spesso scelgono di dotarsi di impianti fotovoltaici per incrementare l'autoconsumo.
A questa convenienza tecnologica si aggiunge la gratuità e la disponibilità universale della materia prima: l'energia solare. Un esempio per tutti: durante questa estate, nei periodi di massima insolazione, la produzione è stata talmente elevata da generare un eccesso di offerta, con conseguenti prezzi negativi dell'energia da fotovoltaico. Un paradosso economico che, però, indica chiaramente la direzione che stiamo prendendo.
Alcuni critici sostengono che puntare sul fotovoltaico esponga lo Stato, o addirittura l'Unione Europea, a rischi significativi, data la produzione extra-UE di gran parte dei componenti. Quanto dobbiamo tenerne conto?
Questa scelta non è dettata da necessità insormontabili quanto da decisioni di politica industriale. In caso di necessità, potremmo avviare la produzione di pannelli in Europa, dove disponiamo della tecnologia e delle competenze necessarie. Inoltre, gli impianti già installati continuerebbero a funzionare per molti anni. La situazione è ben diversa da quella delle fonti fossili non rinnovabili, che importiamo integralmente: due anni fa la chiusura dei gasdotti proveniente dalla Russia ha innescato una crisi enorme. Lo stesso non accadrebbe con il fotovoltaico, che ci rende indipendenti dalle fluttuazioni di mercato, sia a livello nazionale che per i singoli consumatori che autoproducono la propria energia.
Immagina un futuro con un'Italia alimentata principalmente da energia fotovoltaica?
Non nel breve termine. Per una transizione sostenibile è necessario un mix energetico diversificato; una politica energetica troppo sbilanciata è sempre rischiosa. Attualmente, le energie rinnovabili coprono il 51% della produzione energetica nazionale, e il fotovoltaico, con il suo 13%, ha ancora un notevole potenziale di crescita.
Un'integrazione sempre maggiore del fotovoltaico nel mix energetico nazionale non comporta il rischio di picchi di domanda non soddisfatti?
La penetrazione di fonti rinnovabili non programmabili incrementa certamente l'instabilità della rete. Come avviene a livello domestico, la soluzione risiede nell'accumulo. Oggi, i sistemi di accumulo domestici consentono di aumentare l'autoconsumo, prevenendo squilibri. A livello nazionale, Terna sta sviluppando grandi impianti di accumulo per gestire dinamiche simili su scala nazionale. La capacità di accumulo, sia a livello residenziale che utility scale (ovvero su larga scala per la rete), è fondamentale tanto quanto la produzione stessa. Anche in termini di convenienza economica lo sviluppo dell’accumulo e una dimensione sempre più smart della gestione dell'energia creeranno importanti occasioni: penso ai contratti time shifting che permetteranno di movimentare l’energia, prelevata e immessa nella rete, in base alle fasce orarie con prezzi più convenienti. Questo innescherà interessanti opportunità di risparmio per i singoli consumatori. In questo contesto, la digitalizzazione della rete e le tecnologie di monitoraggio giocano un ruolo cruciale. Aziende dinamiche come AGN ENERGIA possono dare un contributo significativo anche in questo ambito.